Il prossimo Consiglio d’Europa è utile se punta agli Stati Uniti d’Europa DI GIUSEPPE LUMIA

Il 14 e 15 dicembre a Bruxelles si riunirà il tanto atteso Consiglio d’Europa.

Un appuntamento solenne che rischia di trasformarsi nell’ennesima occasione perduta. I temi da affrontare sono, tuttavia, di una tale portata che potrebbero trasformare finalmente questa tappa in una svolta tanto voluta nella migliore cultura europea.

Si discuterà di importanti questioni come l’accordo sulla Brexit tra l’Unione Europea ed il Regno Unito, la sicurezza, la difesa comune e la dimensione sociale. Ma due questioni principalmente agiteranno il confronto: la questione migratoria, che continua a dividere le opinioni pubbliche, ed il futuro dell’Unione Europea che sembra finalmente aver ripreso un certo interesse, alla luce delle varie proposte di rilancio, tra cui quella avanzata il 6 dicembre scorso dalla stessa Commissione europea. Partiamo da quest’ultima che sintetizza tutto.

L’Europa così com’è non ha futuro. Molti leader pensano che il pericolo per l’unità europea sia passato, che l’Europa dopo la Brexit abbia retto il contraccolpo, che i movimenti populisti ed antieuropei non hanno sfondato nei Paesi dove si sono presentati alle elezioni, come in Germania. E’ questa una visione parziale e alla fine consolatoria, che rischia comunque di essere rovinosa. L’Europa invece deve voltare pagina. Deve avere più coraggio e una nuova visione. Deve trovare una soluzione in grado di scaldare i cuori dei propri cittadini, “prendere il toro per le corna” sulle grandi questioni che ne minano la sua forza, come le grandi diseguaglianze sociali e territoriali e la sfida sulla sicurezza e sull’immigrazione, puntando dritto all’obbiettivo degli obbiettivi: gli Stati Uniti d’Europa. Senza gli Stati Uniti d’Europa non c’è soluzione che tenga, non c’è anima, non si mettono in movimento nel verso giusto i grandi e i piccoli interessi. Non c’è neanche la possibilità di collocare l’Europa all’interno delle grandi crisi mondiali e dentro la necessità di dare una governance alla globalizzazione, oggi ancora priva di regole e tutta protesa a produrre ingiustizie e guerre, come quelle dei conflitti ancora aperti, molti dei quali a due passi dall’Europa, altri tutti inediti, come il grande scontro ancora in atto tra l’economia finanziaria e speculativa e la cara ed insostituibile economia produttiva e del lavoro. La crisi in cui tutt’ora versa l’Europa deve poter diventare un’opportunità straordinaria di cambiamento e di crescita. Bisogna approfittare della stessa Brexit e così pure della scelta recente e tragica di Trump di riaprire il conflitto, mai sopito, palestinese-israeliano, sul ruolo di Gerusalemme, per fare in modo che l’Europa si dia un adeguato ruolo di cooperazione e di pace nella geopolitica internazionale. Non illudiamoci, senza l’Europa, la stessa Russia dilaterà ancor di più la sua egemonia, non solo sulla Siria, non solo sui grandi e strategici Paesi come Turchia ed Egitto, ma su tanti altri Stati a due passi dell’Europa, decisivi per riportare pace e sicurezza nel Medioriente e nel Mediterraneo. Gli Stati Uniti d’Europa sarebbero anche un’importante chance per risanare il debito pubblico di molti Paesi in difficoltà, come l’Italia, e per evitare che nazioni, come la Germania, prendano definitivamente il sopravvento. europaL’agenda verso gli Stati uniti d’Europa naturalmente è complessa. Riflettere su alcuni punti fa comprendere la difficoltà del cammino, ma anche, allo stesso tempo, le opportunità che si aprono. 

1) Una vera politica dell’immigrazione, che può reggersi solo su un insieme di strategie integrate che vanno da un “Piano Marshall”, a sostegno dei Paesi di provenienza degli immigrati, alla liberazione di uomini, donne e bambini rinchiusi e violentati nei lager presenti in Libia e gestiti da spietati trafficanti di esseri umani; dall’apertura di corridoi umanitari verso non solo l’Italia alla superamento degli accordi di Dublino che hanno caricato solo sulle spalle di pochi, tra cui principalmente il nostro, il peso biblico di governare i flussi migratori. 

2) Un’unica difesa europea. Basti pensare un po’ a quanta sicurezza in più potremmo avere e a quanti miliardi potremmo risparmiare da destinare a fini sociali e occupazionali.

3) Una sola politica estera europea in grado di contendere alla Russia e alla Cina l’espansionismo di questi mesi e di mettere gli USA di fronte alle proprie responsabilità.

4) Un’omogenea politica fiscale. Una condivisa soluzione allo strapotere delle multinazionali della rete, attraverso una web tax efficace e di consistente portata. Investimenti cospicui di sviluppo comune per evitare che i cittadini e le imprese vivano condizioni di tale diseguaglianza da rendere impossibili quei ritmi di crescita così elevati da consentire una moderna distribuzione della ricchezza e così affrontare virtuosamente sia la crisi del ceto medio, sia la lotta alla povertà in modo efficace.

5) Una Procura Antimafia e Antiterrorismo Europea, con una sorta di FBI e un’Intelligence comunitaria, capace di mettere la sicurezza in primo piano, senza indugiare in soluzioni regressive, dispendiose ed inutili.

6) Uno spazio Euro-Mediterraneo sotto la guida dell’Europa, in grado di costruire una cornice di cooperazione e di sviluppo per integrare interessi per adesso divergenti, come quelli israeliani e palestinesi. Una cornice utile anche per altri Paesi, che hanno bisogno di un solido contesto di cooperazione per uscire dai conflitti interni come quelli in atto in Libia e in Libano. 

7) Una serie di investimenti comuni sui punti più innovativi di una moderna economia sostenibile: ambiente, cambiamento climatico, decarbonizzazione, scuola, nuove tecnologie, sanità, ricerca, beni culturali, agricoltura … settori che possono qualificare l’Europa nel mondo per la qualità e la sostenibilità di tutte le sue migliori potenzialità. 

8) Un Parlamento Europeo che abbia in mano il vero potere legislativo e un Governo guidato da un presidente eletto dai cittadini con una burocrazia europea basata su regole semplici e trasparenti. Tanti altri punti potremmo inserire in una progettuale agenda, capace di superare le ottusità di Maastricht e quel rigorismo arrogante che sta di fatto distruggendo l’Europa e che continua a mettere in ginocchio molti Paesi e impedire ad altri, come il nostro, di decollare. “Smontare” l’Europa per ritornare ai vecchi e superati Stati-Nazione sarebbe solo un disastro. Lasciare le cose come sono oggi sarebbe un altro gravissimo errore, foriero anch’esso di drammatici esiti. Investire sugli Stati Uniti d’Europa sarebbe la strada giusta su cui lavorare tutti e così concentrare le migliori energie a partire dalle nuove generazioni, che su questo obbiettivo sono pronte a spendersi e a lottare.

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