Gli Stati Uniti d’Europa sono un’utopia necessaria.
Perché necessaria?
Perché la situazione è drammatica.
La democrazia liberale è globalmente in crisi e così il modello di globalizzazione che a quel modello di democrazia si è voluto connaturare.
Riemergono oggi in forme inedite i tratti di quello che era un Conflitto antico tra oriente Occidente, del bilanciamento diverso dato nel rapporto tra il singolo e la comunità a cui appartiene.
Fin dagli antici re sacerdoti/ divinità contro le aristocrazie, e così la democrazia ateniese e l’impero persiano.
È la differenza profonda tra un potere e un’organizzazione della società predemocratica europea, sicuramente elitaria, aristocratica, magari anche di legittimazione divina, ma ben diversa dall’impersonificazione del divino nella figura del sovrano tipica delle culture orientali.
La tentazione di parti delle classi dirigenti europee verso quel potere asiatico, verso un dispotismo orientale è anch’essa antica, che diverse volte ha tentato il potere occidentale.
Oggi quella tentazione antica si presenta nella forma delle autocrazie moderne e della convinzione serpeggiante in parte delle élite liberali che si possano battere le autocrazie imitandole sempre più.
Questo arriva alla fine di un modello di globalizzazione unipolare che aveva promesso benessere per tutti e invece ha tradito quelle promesse, come dimostra la differenza crescente tra aree interne e città, che esiste anche in Toscana, in Italia, ma che è drammatica negli Stati Uniti, dove qualcuno dice, esagerando, che non ci sono Stati democratici ma solo città democratiche.
“No blue states only blue cities”.
Emergono altresì potentati regionali violenti, e inedite cooperazioni regionali come tra Cina, Giappone e Corea del Sud.
L’Europa ancora non abbastanza unita, si muove a tentoni in un contesto estremamente difficile.
Non agisce o agisce in difesa, le prese di posizione valoriali giuste come sull’Ucraina suonano parziali e interessate ai propri confini rispetto alle scarse iniziative sul genocidio in corso in Palestina per mano dell’esercito e dei coloni israeliani.
Il piano di riarmo va cambiato: è senza visione di un’Europa comune, capace solo di immaginare 27 fortini.
E deve essere detto che anche la difesa comune, per quanto giusta in linea di principio, è un’azione miope senza portare avanti lo sforzo di una diplomazia comune, che su certe questioni fondamentali sostituisca i singoli Stati.
L’Europa è indietro sulla difesa, sulle politiche industriali, sulla valutarizzazione digitale, e così sulle sfide della nuova rivoluzione tecnologica e dell’intelligenza artificiale.
Insieme saremmo la prima economia del mondo, i più grandi con in proporzione la qualità e l’aspettativa di vita migliore, i primi per distacco al medagliere olimpico.
Tuttavia oggi è su un’onda emotiva ben più angosciosa che quell’utopia ritorna necessaria, ora che l’Europa è da difendere, perché nelle sue contraddizioni è ancora il luogo unico dove si è realizzata più che in ogni altro luogo l’unione di diritti civili e sociali, dove le democrazie hanno assunto forme emancipative e di tutela a tutto tondo della persona. È questa peculiarità unica che oggi è da più lati minacciata.
È il momento del salto o della caduta.
Il Manifesto Ventotene e il sogno europeo che racconta devono essere stella polare, quegli esuli nel 1941 intravidero davvero l’alba dentro l’imbrunire. E anche noi ora siamo nel pieno della notte.
Si dice che ora bisogna resistere e far passare la nottata.
È vero, deve passare la nottata, ma l’attesa rischia di essere davvero pericolosa, occorre organizzarsi nella notte, iniziare a cercare l’alba alla fine della notte.
Il rilancio del sogno europeo non può che avvenire quindi anche attraverso una riscoperta, dopo decenni di subalternità culturale al modello statunitense, dell’identità e della peculiarità europee.
Che cos’è l’Europa? In un senso che da Platone, passando per san Tommaso d’Aquino, arriva al primo umanesimo e dall’epoca dei lumi fino alla modernità,
è la potenza del bene che trova rifugio nella natura del bello. Quel katapefugen in greco antico più che trovare rifugio, vuol dire cercarlo. Ed è quello slancio alla scoperta, alla ricerca, quel senso dell’alto bramare che si ritrova nei romantici, che ha improntato di sé l’Europa e l’essere umano.
La persona, come categoria di pensiero, poi giuridica, e poi politica è una creazione europea.
Quel senso di bellezza e di grazia vive anche in doestojevski, la krakosia, per bocca del principe Mishkin nell’Idiota.
Doestojevski che diceva che lui i russi come lui avevano due case, la Russia e l’Europa.
Noi abbiamo commesso il delitto dopo la caduta del muro di abbandonare la Russia al perseverare in forme diverse di quel potere di tipo orientale che ha fatto diventare quel paese l’impero reazionario e autocratico che è adesso.
Quell’impero reazionario che ha esercitato ed esercita una significativa pressione politica sull’Occidente e su parte delle classi dirigenti occidentali, finanziando i partiti di estrema destra e influenzando la politica, come ne offre plastica rappresentazione l’attuale amministrazione trump negli USA.
Gli Stati Uniti d’Europa sono necessari perché sono lo strumento per non essere come le poleis greche di fronte a questo nuovo ordine globale di blocchi autocratici e super potenze regionali.
Le forze progressiste hanno il compito di immaginare e costruire la nuova europa sulla consapevolezza degli errori nella lettura della crisi della modernità e della globalizzazione, di cosa non ha funzionato nel modello unipolare al punto da generare questo multipolarismo così violento.
Bisogna sciogliere i nodi relativi alla soggettività del reddito su cui hanno fondato il loro modello di rappresentanza, risolvere la confusione che questa crisi ha generato nella nostra cultura, sempre più spaesata.
E dobbiamo dire che a parte qualche lodevole eccezione la classe dirigente democratica e progressista appare del tutto inadeguata a fare fronte a questi tempi difficili. Alle e ai dirigenti di cultura e responsabilità va posta questa questione:
Cos’altro deve succedere? A che punto si deve arrivare perché si investa in una prospettiva di futuro?
Si potrebbe dire della necessità di un’Europa costituente, di riscrivere i trattati e magari accelerare il processo federale con chi ci sta e con gli altri mantenere l’area di libero scambio e di armonizzazione minima della legislazione.
Ma serve uno scatto sociale nel l’integrazione, l’Europa federale va fondata su un nuovo umanesimo che elevi compiutamente la persona a piena categoria politica, che precede concettualmente il lavoratore, e riconosca la sua libertà sostanziale come fondamento della democrazia, per questo serve una riforma profonda della banca centrale europea per renderla strumento nelle mani delle istituzioni democratiche per garantire a tutti i cittadini europei un reddito di base e per dare la direzione all’economia e allo sviluppo europei, per costruire un’IRI europea.
Per dare questo scatto serve tenere insieme la visione generale con la prossimità, serve dare forza ad un’Europa dei territori. Le pacifiche identità regionali affiancate a quella europea potranno lenire il nazionalismo e la sua violenza.
Serve dare più potere e peso politico a organi rappresentanti dei territori, il comitato delle regioni dovrebbe evolversi in un senato delle regioni che si affianchi al parlamento espressione con la legge proporzionale degli Stati, limitando peso e poteri di consiglio e commissione.
Ma il tema profondo resta che occorre immaginare un nuovo umanesimo, e su questo fondare un’Europa federale con al centro la persona e i suoi diritti che su questa identità miri a proiettare una rinnovata egemonia culturale sul mondo.
L’alternativa è rassegnarsi, in forme diverse, a questo medioevo incombente, ai suoi autocrati e ai suoi feudatari digitali.
Non lo possiamo permettere proprio perché sentiamo nostro nel profondo il manifesto scritto da quegli esuli sull’isola di Ventotene e il sogno di un’Europa unita di libertà, pace e democrazia.
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