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SETTANTA ANNI DI UNIONE EUROPEA: TORNIAMO A SOGNARE E PROGETTARE LA COSTITUENTE DEGLI STATI UNITI D’EUROPA di Giuseppe Lumia



Settant’anni fa, il 9 maggio 1950, l’unità Europea gettava le proprie fondamenta. Alla base del progetto c’erano la pace, dopo la seconda guerra mondiale, e la riconciliazione tra Paesi nemici, soprattutto la Francia e la Germania; l’Italia non fu solo spettatrice, ma svolse una funzione da protagonista, sino a sancire un passo decisivo con la firma dei Trattati del 1957 a Roma. Si osò così tanto che lo stesso leader francese Shuman definì un tuffo nell’“ignoto” l’avvio del cammino che attendeva la nascente Comunità Europea.

I nostri Spinelli, Rossi e Colorni, reclusi a Ventotene, mentre soffrivano e languivano nel carcere, sognavano e progettavano la nuova Europa. Allo stesso tempo, leader del valore di Adenauer, De Gasperi, Shuman e Churchill rompevano gli indugi e aprivano la storia a una fase senza precedenti, dopo che l’Europa era stata teatro di milioni e milioni di morti, violenze e sofferenze indicibili, privazioni di libertà e continue mortificazioni della dignità umana. Bisogna leggere i loro testi per conoscere i loro sogni, sentire dentro la loro tensione ideale e comprendere come, pur da versanti opposti, si potesse trovare una convergenza così elevata nella meta comune dell’Europa.

Adesso invece regna la mediocrità, pensieri miseri e polemiche senza senso accompagnano la riflessione sull’Unione Europea. Si vola basso e pertanto si va a sbattere continuamente contro ogni difficoltà che si incontra sul percorso. Così anche di fronte alla pandemia da Coronavirus abbiamo potuto constatare come l’egoismo e la stupidaggine alimentino la conflittualità.

È indicativo quanto è avvenuto nella trattativa sull’utilizzo del MES: si è scatenato il classico conflitto da pollaio, senza senso e senza il coraggio e l’umiltà di stare al merito, riconoscendo che si tratta solo di un Fondo che apre una linea per finanziare le spese sanitarie, attraverso prestiti senza condizioni e con un tasso quasi pari allo zero. Naturalmente non bastano i pur importanti strumenti finanziari messi in campo inoltre dalla BEI, né lo SURE per limitare i danni e reggere l’onda d’urto economico-sociale che ancora deve arrivare con questa drammatica crisi. Anche lo stesso innovativo e travagliato risultato del Recovery Fund costituisce solo un primo e positivo risultato: occorreranno ulteriori scelte, che richiederanno ben altro in termini di risorse, oltre a una governance realmente unitaria.

Se abbiamo imparato la lezione che il coronavirus ci ha dato, allora dobbiamo trarre due conclusioni, con tutta l’onestà intellettuale necessaria.

- L’Unione Europea è al capolinea, non è più in grado di spingere l’Europa nel futuro e diventare la più grande risorsa di democrazia e libertà, capace di affrontare le sfide tanto ardue da far tremare i polsi che abbiamo davanti: dalle pandemie alle povertà, dalle disuguaglianze all’ambiente, dalla pace ai flussi migratori, dalle mafie alle dipendenze, dalle innovazioni biotecnologiche alle domande di uguaglianza, formazione e ricerca.

- Il ritorno indietro sarebbe solo una rovina. Cullare i cittadini nell’illusione che l’Europa possa sciogliersi per riaffermare il potere dei singoli Stati nazionali è come dire ai nostri giovani che sono destinati a essere schiavi o, al meglio, sudditi delle grandi potenze come la Cina, la Russia e gli stessi nostri alleati degli Stati Uniti; per le generazioni future significherebbe rinunciare a vivere in un mondo migliore e capace di affrontare le sfide con cui loro stesse dovranno confrontarsi, con il rischio così che possano tornare i conflitti armati e che mafie e terrorismi possano riprendere forza e devastare il continente.

C’è una via d’uscita? Sì. È un sogno possibile e un progetto realizzabile, non è neanche più un salto nell’ignoto: la meta è la realizzazione degli Stati Uniti d’Europa. Solo così l’Europa potrà essere realmente unita e rappresentare uno spazio vitale di sviluppo sostenibile, di lavoro dignitoso, di pace e cooperazione, dove potersi curare al meglio e riprendere la via del benessere di qualità. A tal fine, è ormai indispensabile dotare le nuove generazioni europee di uno strumento come quello Federale, per collocare l’Europa nel cuore della globalizzazione con un altro e nuovo profilo e non quello miserevole e ingiusto di oggi.

Cosa manca? Il coraggio di una classe dirigente, preparata e responsabile, capace di capire che nei momenti di crisi di portata storica come quello che stiamo affrontando la risorsa migliore e più potente che abbiamo è il cambiamento consapevole, la progettualità adeguata e l’amore verso il prossimo, per sognare e disegnare un’Europa realmente unita e libera da egoismi e divisioni.

Ecco perché dobbiamo guardare a questa ricorrenza con le lenti che guardano all’oggi e al futuro e chiedere che si avvii finalmente la Fase Costituente degli Stati Uniti d’Europa, secondo una road map ben cadenzata, per avere finalmente un solo fisco per le imprese, un solo reddito da lavoro, un solo spazio giuridico, sociale e civile per promuovere diritti e combattere le mafie, il terrorismo e le dipendenze, un welfare avanzato, un solo esercito, una sola politica estera. Le risposte a queste istanze non sono più rinviabili: dobbiamo dotarci di un Parlamento europeo con potere legislativo effettivo e un Governo europeo direttamente eletto dai cittadini, in modo che l’Europa abbia la capacità di agire nel Mediterraneo e nel mondo con un piglio e un’autorevolezza in grado di rompere l’egemonia sterile delle grandi superpotenze e aprire nuovi orizzonti all’umanità.

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