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AFGHANISTAN: LO STRAZIO DELL’OCCIDENTE MA ANCHE UNA LEZIONE CHE DEVE FARE RIPENSARE E RIPROGETTARE L’EUROPA di Giuseppe Lumia

 



Non ci si dà giustamente pace. Lo strazio delle immagini che ci sono giunte dall’aeroporto di Kabul è impresso nei nostri cuori e inquieta le coscienze dei giusti. 


Due misure incalzano e sono tuttora da sostenere:


1) Aprire corridoi umanitari per consentire l’uscita dall’Afghanistan dei profughi e dei rifugiati, affinché non subiscano aggressioni da parte dei Talebani o siano lasciati nelle mani dei trafficanti di esseri umani.


2) Vigilare che le donne afgane siano realmente rispettate per evitare che siano sottoposte a violenze e conservino i diritti basilari già con fatica conquistati.


Un’altra semplice riflessione e una altrettanto semplice domanda tormentano la nostra onestà intellettuale:


1) Era chiaro che bisognava lasciare l’Afghanistan. Bastava allora promuovere per tempo un tavolo internazionale sotto l’egida dell’ONU, magari sempre a Doha, chiamando in causa anche i Talebani, insieme ovviamente agli USA oltre all’Europa, con la partecipazione della Russia e della Cina. I Talebani tre anni fa erano ancora deboli e potevano essere inclusi in un governo di vera transizione, nel quale si potevano stabilire percorsi con il sostegno di tutti in un quadro di pace e cooperazione allargata, lasciando sul territorio afgano per alcuni anni le principali forze militari internazionali coinvolte ma realmente guidate dall’ONU, a garanzia del reale cammino di convivenza e sviluppo.


2) Una domanda va necessariamente posta: perché non si è avviata la fase della evacuazione dei civili afgani più a rischio già nei giorni precedenti la caduta di Kabul? È una domanda che va posta ai rappresentanti dei vari governi di fronte ai propri parlamenti. È una domanda a cui bisogna dare una risposta seria e credibile. Non si può lasciare in asso un Paese così tormentato senza procedere nel rispetto dei patti presi soprattutto con chi ha collaborato con le forze militari occidentali o ha sposato, con diverse e diffuse attività sociali, la promozione dei diritti civili e politici soprattutto delle donne.


Per il resto alcune lezioni sono sotto gli occhi di chi, oltre che giustamente indignarsi, vuole reagire e cambiare. Due sono evidenti:


1) L’Occidente nel suo complesso rimane una realtà ammalata, priva di visione progettuale, di credibilità e autorevolezza nella governance della globalizzazione e nel promuovere lo sviluppo sostenibile socialmente e ambientalmente. Deve perciò al più presto curarsi e rigenerarsi sulla base di nuovi presupposti di pace e cooperazione, per dare una mano positiva al superamento dei conflitti tuttora aperti.


2) Gli USA, in particolare, sono in crisi da tempo e a maggior ragione non solo non vogliono, ma non possono più svolgere un ruolo di guida nel contesto geopolitico mondiale per la risoluzione dei conflitti. In ogni teatro di crisi ormai è frequente che combinino solo guai. Non devono chiudersi naturalmente in se stessi ma devono accettare di sedersi ai vari tavoli con la Cina e la Russia, che da anni sono attori a tutto campo, ancora più discutibili e dannosi se lasciati indisturbati a giocare strumentalmente nei vari scenari in seria difficoltà. Gli USA, inoltre, devono capire che l’Europa deve spiccare il volo e che l’ONU deve svolgere una vera ed efficace funzione di regolazione dei conflitti e di rispetto rigoroso dei diritti umani.


Una lezione specifica riguarda infine la nostra Europa. 


Così com’è oggi strutturata è un disastro. L’Unione Europea vive dentro uno strano e inconcludente modello Confederale, condizionato oltre misura dal ruolo dei singoli governi che le impedisce di svolgere qualunque funzione sociale, politica ed economica degna dei suoi valori di fondo e delle sue enormi potenzialità. 


È il momento di rompere gli indugi e così avviare un percorso serio che ci conduca finalmente verso gli Stati Uniti d’Europa. Solo un modello Federale con ad esempio una sola politica estera, un solo esercito, un solo spazio antiterrorismo e antimafia, una sola politica ambientale, fiscale, di retribuzione e di Welfare può dare forza ed energia al futuro del Vecchio Continente, nella travagliata fase storica della globalizzazione, ancora per molti versi piena di ingiustizie e violenze, come ancora una volta è stato dimostrato anche in Afghanistan.

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