33° VERTICE FONDAZIONE CAPONNETTO - TULIPANI ROSSI VS GLI STATI UNITI D'EUROPA




Intervento Oblate 18 novembre per il Circolo Europa di Antonio Foti Valente responsabile organizzazione 
Stati Uniti d’Europa e contrasto alle mafie

Parlare di federalismo europeo oggi significa parlare di libertà perché significa ristabilire primato della politica rispetto a lex mercatoria delle multinazionali. Soggettività politica più forte dell’Europa fornisce strumenti di azione perché i colossi multinazionali non facciano bello e cattivo tempo. Raggiungere questa soggettività politica federale, un solo stato di tanti cuori e storie diverse, è ciò che può scongiurare l’immagine di un futuro con un’Europa debole, schiacciata dal confronto tra super potenze come l’alleato USA e la locomotiva cinese. L’unico modo che abbiamo per non finire come le poleis greche all arrivo di Alessandro il macedone. Ci sono difetti strutturali dell’Europa che impediscono di arrivare a questo: Robert mundell architetto dell’euro diceva che solo unione monetaria, senza anche unione fiscale e lavoristica, serve a rendere UE solo un mercato. E infatti nostra BCE serve solo a controllare prezzi, non è soggetta a controllo politico e non è prestatore di ultima istanza. Questo differentemente da FED e Bank of China, questa differenza è elemento di debolezza strutturale dell’Ue rispetto a partners e competitors internazionali. Serve svolta della politica, soggettività socialista, verde e internazionalista europea che parta da una visione di mondo e da una analisi collettiva e condivisa della crisi della socialdemocrazia europee iniziata alla fine del secolo scorso e che in forme diverse di protrae tutt’oggi. Soggettività europea più forte significa anche riconosce la diversità strutturale di interessi geopolitici tra l’accelerazione del processo di integrazione e quelli del nostro principale alleato, oltreoceano, che già dalla previsione di un esercito di difesa comune vedrebbe entrare in crisi il sistema attuale dei conferimenti NATO. Occorre più di tutto lottare per un’Europa in cui a decidere siano i cittadini europei con il loro voto e non consigli di amministrazione di fondi speculativi, la necessità di un’accelerazione del processo di integrazione deve far ragionare anche di limitare questo processo ai paesi che siano più politicamente pronti ad affrontare questo passo, togliendo dal tavolo retrive e bieche logiche campaniliste, abbattendo il dumping dei diritti prima che quello dei prezzi. 
L’integrazione europea federalista offre anche importanti strumenti contro le mafie, che per essere distrutte devono veder distrutti i loro canali di finanziamento illecito la cui “pulitura” è affidata sistematicamente a frodi e riciclaggio. Sono un’autorita europea che si occupi di seguire i flussi di denaro illecito o sospetto lungo tutto il continente potrebbe raggiungere lo scopo di individuare i canali illeciti di finanziamento tagliando le gambe alle mafie, oggi che questo sistema sia monco è evidente a tutti, il sistema intracomunitario di applicazione dell’IVA si ritrova sprovvisto di uno strumento intercomunitario di vigilanza e osservazione dei flussi di denaro sospetti lungo tutta l’Unione europea. Federalismo europeo come strada per garantire primato della politica contro strapotere multinazionali e maggiore legalità e trasparenza in tutta l’Unione.




SINTESI INTERVENTO GIUSEPPE LUMIA PER IL 33° VERTICE DELLA FONDAZIONE CAPONNETTO

*Stati Uniti d’Europa*. Siamo ormai ad un bivio. Di fronte alla crisi strutturale dell’Unione Europea, abbiamo due soluzioni: da una parte il “modello confederale”, che vuole lasciare la governance dell’Europa in mano alla sovranità dei governi dei singoli Stati; dall’altro il “modello federale”, che prevede un assetto istituzionale, sociale, economico e politico in grado di proiettare positivamente l’Europa nel cuore delle drammatiche sfide del nostro tempo, come il devastante cambiamento climatico, le rovinose guerre, le insopportabili disuguaglianze di ogni genere, la pervasività delle dipendenze e delle mafie. 

È più che mai necessario stimolare la politica a trasformare le prossime elezioni europee in un confronto democratico serrato sul modello istituzionale e politico da scegliere e rimettere così ai cittadini la decisione da prendere. Si deve avviare un confronto elettorale chiaro e incalzante sui risvolti dei due modelli. Per i Federalisti in particolare si apre un’opportunità straordinaria per non subire passivamente l’avanzata dei populismi e sovranismi, che pensano di affermarsi e trascinare con sé le forze politiche che fanno capo al Partito Popolare Europeo. I Partiti Democratici e Progressisti devono pertanto rompere gli indugi e avanzare una proposta costituente degli Stati Uniti d’Europa, facendo comprendere concretamente tutti i vantaggi che si possono avere con un fisco medio comune, un salario medio comune, così come con un esercito e una sicurezza condivisi, per non parlare dei benefici che si possono finalmente ottenere con una comune e stringente lotta alle sfide tremende del nostro tempo. 

Questo percorso costituente degli Stati Uniti d’Europa dovrà alla fine del suo iter essere sottoposto al referendum popolare in ogni Paese, in modo che anche alla fine del tragitto sia la volontà democratica a dire l’ultima parola. 

*Lotta alle mafie*. È un momento delicato in cui si affacciano diversi rischi che si possano fare dei pericolosi passi indietro. È necessario allora rilanciare un cammino condiviso, in grado di restituire alla lotta alle mafie quella passione che discende dalla volontà di passare finalmente “dall’antimafia del giorno dopo” a quella “del giorno prima”. 

Per raggiungere questo obiettivo, occorre intanto impegnarsi con un piano sistematico sulla lotta al riciclaggio locale e globale delle mafie cyber-finanziarie, potenziando e qualificando le magistrature e le forze investigative sia territoriali che europea. 

Inoltre, bisogna disarticolare e distruggere il welfare mafioso, che garantisce ai boss legittimazione e all’organizzazione capacità di riproduzione nonostante i colpi subiti con gli arresti dei propri leader. È un impegno che comporta anche un’azione di prevenzione sociale, culturale ed economica senza precedenti, per rigenerare i quartieri periferici e liberare l’economia dal gioco mafioso. 

Infine, è indispensabile proteggere e semmai rilanciare la legislazione antimafia del “doppio binario” ben contenuta e sistematizzata nel Codice Antimafia, che viene messa in discussione in alcune sue norme delicate dalla giurisprudenza europea e nazionale senza tener conto delle peculiarità e caratteristiche del “vincolo mafioso”. Pio La Torre, Rocco Chinnici, Antonino Caponnetto e Giovanni Falcone hanno capito che bisognava creare un corpus di norme in grado di spezzare quel vincolo mafioso e affermare così la sovranità della democrazia e dei valori costituzionali di libertà e giustizia economica e sociale.


Buongiorno a tutti, sono Mauro Casarotto, Segretario Generale di F.A.E.F ovvero Federal Alliance of European Federalists (Alleanza Federale dei Federalisti Europei).
Mi spiace molto di non poter essere presente fisicamente con voi nella giornata odierna, a causa di una temporanea indisposizione. Ringrazio l’organizzazione per avermi permesso in ogni caso di portare a voi questo messaggio, insieme ai i saluti e i ringraziamenti dell’organizzazione che rappresento.

FAEF è una organizzazione di carattere federale, fondata come associazione nel 2018. I membri di FAEF sono organizzazioni di tipo diverso, come associazioni, partiti, movimenti, amministrazioni, organizzazioni sindacali, think-tank o altri gruppi i quali sono accumunati da un unico obiettivo, che è anche l’unico oggetto sociale dell’organizzazione FAEF, ovvero la ratifica di una costituzione federale per la creazione degli Stati Federati d’Europa, altrimenti detti Stati Uniti d’Europa. 

L’attività politica di FAEF è pertanto limitata a questo unico obiettivo: la costruzione della casa comune europea. FAEF non si occupa di promuovere indirizzi politici specifici, e questo permette all’organizzazione di raccogliere forze di diversa impronta e provenienti da mondi culturali diversi. FAEF è pertanto ecumenica. Le organizzazioni che vi aderiscono, ovviamente, restano completamente indipendenti sotto ogni profilo e quindi libere come lo erano prima di proporre i propri programmi sociali e politici, pur continuando a collaborare insieme per la costruzione della casa comune. 

Nel 2021 l’Unione Europea stava organizzando l’infruttuosa Conferenza per il futuro dell’Europa, caratterizzata dal tentativo di coinvolgere i cittadini europei nell’ennesima proposta di riforma dei trattati intergovernativi. Allo stesso, tempo, a partire dall’ottobre 2021, ha scelto di percorrere una via completamente diversa, ovvero quella di indire una Citizens’ Convention – un’assemblea di cittadini – con l’obiettivo di mettere a punto il testo per una costituzione federale degli ‘Stati Federati d’Europa’. Questo è stato fatto partendo da una bozza già elaborata dal professor Leo Klinkers (Presidente emerito di FAEF) e dallo studioso costituzionalista Herbert Tombeur, che è stata ampiamente emendata e migliorata nel contesto della Convention. La Convention ha visto partecipare 70 cittadini di svariati paesi europei, tra i quali giuristi e specialisti di diritto costituzionale. 

La convinzione, supportata da elementi giuridici e scientifici, alla base di questa decisione è quella che l’Unione Europea è fondamentalmente irriformabile e qualsiasi tentativo di elaborare delle variazioni del Trattato di Lisbona, uno dei più orrendi mostri legali mai creato in Europa, o di allargare l’Unione ad ulteriori paesi non farà altro che accelerare il processo già in corso di perdita di credibilità e implosione di questa istituzione. L’idea infatti che uno stato federale possa nascere non a partire da una costituzione federale, come è avvenuto nel caso delle vere federazioni quali gli Stati Uniti d’America, la Svizzera, la Germania, l’Austria, l’Australia o altre, ma come frutto del continuo rimaneggiamento degli accordi intergovernativi, è un vero non sense sociologico e giuridico. 

La giustificazione poi secondo la quale l’Europa è peculiare e non può seguire l’esempio degli stati federali di successo e che l’Unione Europea sarebbe una meravigliosa cosa ‘sui generis’ trova veramente il tempo che trova perché essa considerazione potrebbe essere presa seriamente soltanto se l’Unione funzionasse. Ma non funziona. Tragicamente priva di una politica estera, di una diplomazia unitaria e di una difesa comune, e quindi posta al di fuori del congresso delle grandi potenze mondiali, dove invece per livello scientifico e tecnologico, per popolazione, per forza industriale e commerciale e per altezza storica e culturale meriterebbe a pieno di essere, l’Unione Europea è totalmente inadatta ai tempi e alle situazioni. Lo sanno tutti, anche se non tutti hanno il coraggio di dirlo e di dirselo apertamente. 

Questo è avvenuto in quanto l’errore di sistema era già contenuto nella sua genesi. Nella Dichiarazione Schuman del maggio 1950, infatti, la dizione ‘Federazione Europea’ viene usata due volte ma il compito di organizzare la Federazione Europea viene affidato ai capi di governo con lo strumento dei trattati, ignorando gli esempi della Convention di Filadelfia del 1787 e della fondazione della federazione svizzera del 1848. Da allora l’errore di sistema di lavorare con i trattati anziché con la legge costituzionale ha continuato ad alimentarsi e riprodursi, e l’architettura dell’Unione, in esso imprigionata, ad affondare. I trattati rimangono accordi tra gli stati, e funzionano bene quanto più limitato e preciso è l’oggetto dell’accordo (come costruire un ponte o una strada che congiunge due paesi o regolare specifiche aree di collaborazione magari in maniera temporanea), ma solo la legge costituzionale può fondare uno stato federale. 

Ciò che rende veramente terribile il Trattato di Lisbona sono le eccezioni alle regole generali, i cosiddetti ‘opt-out’, ideati in quanto il metodo intergovernativo, per sua natura, non riesce ad andare oltre la promozione degli interessi e degli egoismi nazionali. Così abbiamo avuto stati che aderiscono all’Euro, stati che dovrebbero aderire ma non lo fanno, stati che sono esentati o stati che riconoscono una certa Carta dei diritti che non è vincolante per altri, e via dicendo. In pratica tutti gli animali sono uguali ma alcuni sono più uguali di altri. Grottesco, ma in fondo facilmente prevedibile, come questo goffo tentativo di tenere tutti uniti sia fallito con Brexit, quando oltre 60 milioni di cittadini europei, appartenenti a uno dei paesi che vantava la più nobile storia in termini di ideali federalisti che purtroppo ancora non si concretizzati, sono usciti dall’Unione Europea. 

Ecco perché la Citizens’ Convention di FAEF ha elaborato un testo costituzionale che si occupa unicamente degli interessi comuni di tutti gli stati ed i cittadini europei, scritto in solo 10 articoli, perché le leggi, e soprattutto le più importanti, devono essere semplici e comprensibili per tutti. 
Da questo testo sono aboliti gli interessi nazionali e i cosiddetti ‘opt-out’. D’altra parte, a differenza del Trattato di Lisbona, la Costituzione Federale così elaborata affida all’organo federale europeo ambiti e poteri limitati ai soli campi degli interessi e delle necessità comuni a tutti, lasciando gli stati aderenti autonomi e liberi di portare avanti i propri interessi specifici, le proprie peculiarità sociali, storiche e culturali in ogni altra sfera. Questa è la vera essenza delle costituzioni federali. 

La Costituzione elaborata prevede inoltre, traendo ispirazione dagli aspetti più funzionali dalle precedenti costituzioni federali mondiali, una marcata separazione tra il potere legislativo, quello esecutivo e il giudiziario e un forte controllo democratico, con elementi di democrazia deliberativa e democrazia diretta tesi a prevenire gli abusi di potere e l’emergere di autocrazie e oligarchie. 

Il prossimo obiettivo di FAEF è quello di portare la Costituzione alla ratifica da parte dei cittadini europei. 

Il tutto è raccolto nel libro ‘’the making of the Constitution of the Federated States of Europe’’ edito in inglese da Iustitia Scripta e comprendente un memorandum esplicativo per ciascun articolo della costituzione e alcuni micro-saggi su aspetti specifici. Il testo costituzionale è stato da me tradotto in lingua italiana. Salvatore Calleri, che ringrazio particolarmente, potrà per chi è interessato, fornire maggiori dettagli e porci in comunicazione. 

Alle volte è più facile, salutare e funzionale costruire qualcosa di nuovo. 

Ringraziandovi nuovamente per l’opportunità di esporre questa iniziativa, auguro a voi tutti un buon proseguimento dei lavori. 






  

Intervento di Salvatore Calleri 


Ogni volta che devo parlare della Unione Europea mi sembra di ripetere sempre le stesse cose... Ma tant'è visto che rimane sempre nella medesima crisi strutturale, bisogna insistere nel dire cosa non va.
Oramai è chiaro che il modello de facto confederale che la UE si è scelta, in barba al sogno di Ventotene e di Churchill, non funziona. 
Oggi con una guerra alle porte dell'Europa la UE non è assolutamente in grado di incidere se non in minima parte. 
Oggi in politica estera la UE è schiacciata dalle superpotenze Usa e Cina, schierata giustamente, ma da comprimaria, nella Nato.
La UE si era illusa, sbagliando, che le democrazie europee con il libero mercato, ossia la propria religione, avrebbero influenzato Paesi come Russia e Cina. Si sono visti i risultati. 
L'UE essenzialmente rimane un mercato ma ha perso la propria visione di futuro. Quale è questa visione mi sfugge. La UE tra l'altro è pure una democrazia sbilanciata nei poteri. Un parlamento eletto con meno poteri di una commissione nominata dal parlamento ma che de facto è distante dai cittadini che la vedono come una burocrazia imposta. Una UE che involontariamente favorisce i sovranismi nazionali in quanto nata col modello sbagliato.
Ora tra un anno si vota per il rinnovo del parlamento e si assisterà da un lato a chi spingerà verso il sovranismo nazionale e dall'altro a coloro che si oppongono spingeranno sulla difesa, inutile dello status quo. Ebbene a costo di esser brutale lo status quo è una sorta di minestrina politica riscaldata.
Al contrario chi si è definito in passato europeista e chi si definisce attualmente tale tra un anno dovrà spingere verso il vero federalismo europeo con gli Stati che ci staranno. 
Solo un modello federale vero può sopravvivere nell'attuale contesto geopolitico. 



Mai come in questo periodo storico la democrazia non è ammirata e presa come esempio a giro per il mondo. 
Ma perché la democrazia occidentale non è più molto attraente? Provo a fare alcune considerazioni. 
La democrazia specialmente quella europea, a mio modesto parere, è prigioniera delle proprie regole economiche rigide quasi come se queste fossero una religione. La crisi covid, la crisi da economia comunque di guerra, giunta in un momento particolare in cui la ripresa post 2008 non si era ancora completata, stanno facendo impoverire parte della popolazione con la classe media de facto scomparsa. A tutto questo si aggiunge una Unione Europea che segue un modello confederale storicamente inefficace e non in grado di risolvere i problemi in modo veloce. La mia domanda è quindi che come può la democrazia occidentale vincolata a rigidi parametri di bilancio affrontare una guerra alle sue porte, una sanità post covid da ripensare e potenziare, gli stipendi che in alcuni paesi sono bassi, una forte crisi immobiliare oltre alla crisi migratoria e quella climatica? Infatti non ci sta riuscendo e questo è un problema perché oggi la democrazia occidentale non produce più un benessere diffuso ma un benessere per pochi. La storia c'insegna che quando la democrazia non produce benessere i totalitarismi son dietro l'angolo.
Cosa fare quindi? Nella vicinanza delle elezioni europee personalmente ritengo che bisogna premere per spingere verso il federalismo ossia verso gli Stati Uniti d'Europa. Un solo confine, un solo esercito (in ottica Nato), un solo fisco, un welfare efficace, ecc. ecc. E soprattutto una classe dirigente eletta. Ossia il contrario della Unione Europea. Bisogna partire con gli stati che ci stanno. È forse questa una utopia? Si ma è una utopia necessaria. 


Intervento di Simone Aiazzi

Verso gli Stati Uniti d’Europa


La costruzione degli Stati Uniti d’Europa è diventato ormai un passaggio non più procrastinabile.
Per molti anni, invero, si è parlato di Europa Unita e, nella sua genesi, il disegno era stato immaginato come il traguardo delle idee democratiche e solidaristiche che si erano venute a costruire con la sconfitta dei totalitarismi e delle autarchie. Era ed è ancora la risposta più incisiva all’idea di “Nazione” come entità chiusa ed autonoma che brandeggia la difesa dei pretesi “valori propri” e guarda agli altri Stati se non in chiave meramente competitiva o protezionistica, se non anche di dominio. Un modo come un altro per affermare la ritenuta superiorità di sistemi giuridici, economici e valoriali che stanno alla base dell’entità Nazione, rispetto alle altre.
La resistenza alla costruzione degli Stati Uniti d’Europa è sempre stata molto forte, basti pensare ai paesi come l’Inghilterra che, a dispetto di quanto auspicato dallo stesso Churchill, nell’era del thatcherismo, aveva aderito al disegno di un’Europa Unita solo come un grande mercato in cui “pascolare” nell’intento di mantenere piena autonomia ed evitare le “imposizioni” (e tali erano percepite) di un “gruppo di Stati” che avrebbero intaccato la sovranità della Nazione, contaminando la saldezza di una cultura che non poteva essere compromessa.
Se inizialmente la spinta verso gli Stati Uniti d’Europa, dunque, sembrava trovare propulsione nella difesa delle idee democratiche e libertarie degli Stati usciti dal conflitto mondiale, tale afflato si è poi lentamente affievolito, soprattutto negli ultimi anni, in favore di una visione sempre più mercatista (Tacheriana) e protezionista, facendo prevalere, sulla spinta dell’emersione di nuovi movimenti populisti e nazionalisti, una visione europea destinata a costruirsi nel futuro come Confederale, piuttosto che Federale. Così dando la stura a politiche che, solo di facciata, si sono professate e si professano come desiderose di dare compimento ad un processo di integrazione ma che, in realtà, nascondono il desiderio di mantenere le mani libere all’interno dei singoli Stati per tutelare specifici interessi economici e difendere identità ideali e culturali capaci di preservare una posizione di potere.
La stessa politica di una certa parte degli Stati Uniti d’America, negli ultimi vent’anni, ritengo abbia contribuito a rafforzare tale progetto allorché ha inteso rendersi parte attiva nel decantato processo di allargamento del numero degli Stati membri dell’Unione europea non tanto, forse, per favorirne il progetto di unificazione ed integrazione, ma con buona probabilità per svuotare, ad est, il dominio sovietico e cinese, ampliando le opportunità di influenza del suo mercato e, nello stesso tempo, impedire il processo di integrazione europea per la difficoltà della stessa di aggregare un sempre maggior numero di Stati che, per natura, hanno più teso a difendere la loro riacquisita identità. E con ciò arrestare un processo di unificazione che, in senso economico e politico, avrebbe generato la costruzione di un soggetto che, se indipendente ed autonomo, avrebbe costituito un bacino di influenza economico, sociale e culturale assai forte in termini di ingegno, cultura e consumo.   
Il fatto è che proprio per l’irrompere di tali concezioni, oggi l’Europa si trova ad essere spettatore muto e disarticolato di fronte ai profondi mutamenti intervenuti di seguito alla Pandemia ed ai conflitti Russo-Ucraini e Israelo-Palestinese, incapace di affermare una propria identità e porsi come soggetto politico-culturale unitario forte, capace di difendere i valori di libertà e di solidarietà che sono propri di ogni sistema democratico.
Ecco allora che, oggi, proprio per la presenza di tali eventi è necessario più che mai spingere il piede sull’acceleratore dell’integrazione europea non tanto per difendere le singole identità nazionali ma per salvaguardare i principi ed i diritti di libertà che faticosamente e attraverso numerosi conflitti i paesi europei e dell’occidente hanno conquistato.
Ma perché ciò avvenga è necessario che si giunga agli Stati Uniti d’Europa con la costruzione di uno Stato Federale. Quindi guidare l'Europa verso un sistema federale che è teorica della libertà, poiché è lo strumento attraverso il quale i cittadini si rendono partecipi della politica e della società, partendo dalle realtà locali per fondersi poi, per mezzo di cerchi concentrici, nella realtà nazionale e di poi in quella sovranazionale. 
Riconsegnare all'Europa le tradizioni politiche che l'hanno resa e la rendono umana e vitale, sarà il primo esperimento di una comunità plurinazionale che è riuscita a darsi un assetto di unità politica.
L’Europa federata come espressione del disegno di Cattaneo e figlia del repubblicanesimo.
La novità peraltro starebbe nel fatto che gli Stati Uniti d’Europa, che sorgeranno come ordinamento di una comunità sovranazionale, introdurranno ad un processo di unioni più ampie ed apriranno, all’età contemporanea, la prospettiva di un incamminarsi dell’uomo verso un sistema di democrazia internazionale: un ordine nuovo, stimolato dalle sollecitazioni della storia che volta pagina, dopo quattro secoli, sui vecchi Stati sovrani. 
A tal proposito il Presidente statunitense Clinton affermò che la “sovranità nazionale viene arricchita dalla vitalità di voci locali che rendono l’Europa più sicura nella sua diversità, riaffermando la nostra comune umanità, riducendo le eventualità che un’Europa disunita possa trascinare l’Europa e l’America in un altro conflitto.” Occorre creare un’Europa più sicura nella sua diversità, disse Clinton, “arricchita dalla vitalità di voci locali che riaffermano la comune umanità”. Vi è “in ogni popolo anche la coscienza del suo essere, anche la superbia del suo nome - scriveva Cattaneo - “da cui il diritto federale, ossia il diritto dei popoli il quale deve aver luogo accanto al diritto della nazione, accanto al diritto dell’umanità.” 
Aveva detto Cattaneo: “Avremo pace vera quando avremo gli Stati Uniti d’Europa”. E si può aggiungere in collegamento con gli Stati Uniti d’America, perché una frattura politica, originata da rivalità o desiderio di predominio economico e militare, tra le due sponde dell’Atlantico provocherebbe l’insorgere di gravi rischi di conflitto con conseguenze spaventose per l’Occidente.
Dopo centocinquant’anni dalle sue prime enunciazioni, il federalismo istituzionale ha, dunque, indelebilmente marcato le vicende politiche dell’inizio del terzo millennio ed è grazie al repubblicanesimo se si è riusciti ad affermare principi che non hanno soltanto rilievo istituzionale, ma valore e contenuto di sistema politico. 
Federalismo e repubblicanesimo sono termini complementari che vanno a comporre l’ordinamento istituzionale di quella che dovrà essere la futura società dei veri uomini liberi. 
La libertà, ammoniva Cattaneo, “vuole l’eguaglianza nei diritti e nei doveri: chi non ha diritti è un oppresso, chi non ha doveri è un oppressore”. E una simile condizione politica è irrealizzabile senza un processo di trasferimenti del potere dal centro alla periferia. 
Il federalismo poggia sul principio della partecipazione di tutto il popolo alla vita collettiva. 
Il repubblicanesimo di Cattaneo vide quali e quante energie l’accentramento avrebbe irrimediabilmente spento a danno della libertà che vuole, invece, istituzioni atte a svilupparla e diffonderla in tutti i luoghi ed in tutti i ceti. La libertà è un principio attraverso il quale si ottiene non solo il riscatto della nazionalità attraverso una unificazione articolata della autonomia, ma anche di costruire gli Stati Uniti d’Europa come federazione di popoli liberi. 
Il federalismo nasce, dunque, dal repubblicanesimo come corollario, ne è una conseguenza naturale perché è il mezzo istituzionale di esaltazione e di affermazione della libertà. 
Le idee-forza della dottrina e dell’insegnamento federalista riguardano il valore delle autonomie locali e dell’autoresponsabilità, il principio di sussidiarietà, di cooperazione e di partecipazione, nonché la “città all’altezza dell’uomo” e finalmente “l’unità nella diversità”. 
Nella dottrina federalista cattaneana, l’aspetto sociale è dominante. L’uomo acquista coscienza di sé nella comunione, nella società di cui diventa più partecipe mano a mano che l’orizzonte dei suoi interessi e dei suoi pensieri si allarga. Non chiuso nel suo egoismo individualistico, non indifeso nella sua piccola unità contro la schiacciante superiorità dello Stato o del padrone, ma avviato, con i suoi simili che lo affiancano, a promuovere nel comune, nella regione, nella nazione, nella più vasta comunità sovranazionale una serie indefinita di interessi ascendenti e di progressiva libertà.
La forma federalista è la sola possibile forma d’unità tra liberi popoli, è come si è detto, unità nella diversità, non frammentazione, non frantumazione. “Come la scienza della natura consiste nel rispettare le difformità ma non già nel forzarla nell’unità artificiosa del sistema, - scrive Cattaneo - così la vera scienza della società deve fondare quella sola unità che è compatibile con la conservazione delle distinzioni”. 
Occorre un federalismo che guardi all’obbiettivo della creazione degli Stati Uniti d’Europa per comporre un ordinamento conforme, articolato nella realtà delle comunità di base fino agli organi dei poteri della federazione europea: un potere legislativo, un potere esecutivo, un potere giudiziario. Un federalismo che sia, insomma, infranazionale e sovranazionale insieme.
E' ovvio che un passaggio essenziale, per giungere agli Stati Uniti d’Europa, è la costruzione culturale dell'Europa. Educare quindi le nuove generazioni, che si sentono già europee, alla nascita di una nuova realtà politica. 
Solo in tal modo, peraltro, si potrebbe far nascere nei giovani il desiderio di impegnarsi e rendersi partecipi della società, in modo da allontanare lo spettro dell’”indefferentismo”, che è foriero di dominio e perdita della libertà.
Un altro passaggio culturale necessario per dare corpo al progetto è cominciare a costruire i partiti europei, che ad oggi non esistono. Immaginare di aggregare i cittadini delle nazioni europee all’interno di contenitori sovranazionali, darebbe una forte spinta al superamento delle barriere nazionali, contro i protezionismi delle politiche populiste e nazionaliste.
Queste operazioni generebbero una contaminazione positiva per la costruzione di un'Europa che non sia soltanto la realizzazione di un mercato in cui i Paesi conservano i loro poteri e utilizzano l'Europa come il pascolo per realizzare gli scambi economici utili, così, ché ognuno, a casa propria, continua a fare ciò che vuole.
Come detto tuttavia ci troviamo purtroppo in un passaggio storico in cui l'Europa è incapace di prendere decisioni in autonomia e come espressione di unità. E ciò emerge in modo assai cristallino al cospetto dei recenti conflitti: Dalla guerra in Ucraina a quella recente divampata in Medio Oriente. L'Europa non è stata in grado di esprimere una sua voce, né diplomatica, né altro. Al contrario le singole nazioni ed i loro leader di governo, così come le singole popolazioni, si sono divise in tifoserie fra chi è pro Israele e chi è pro Palestina. 
Ma è questo il modo di condurre un sistema politico che dovrebbe essere propedeutico alla costruzione di un'Europa come soggetto unitario sullo scenario internazionale?
Tirando le fila, credo davvero che il passaggio imprescindibile per la costruzione reale dell'Europa sia quello culturale, con il necessario tassello della nascita concreta di partiti europei.
Né è da meno immaginare che l’Europa debba costruirsi anche come forma di governo. 
Negli USA c'è un sistema federale presidenzialista, mentre in Svizzera c'è invece un modello peculiare, molto amato anche dalla tradizione repubblicana, che ha, pur nella sua grande partecipazione, avuto momenti di crisi in particolare per il sistema di controbilanciamento dei sostegni ai Cantoni più in difficoltà. Un sistema che funziona anche se si tratta di realtà geografiche piuttosto contenute.
In ogni caso ed indipendentemente dalla forma di governo che si voglia scegliere, il merito della scelta federalista è quello di negare ed impedire che si affermino, sempre più come oggi avviene, forme di verticismo politico che, in sé, sono contrarie, al principio democratico e libertario. 
I sistemi che si connotano per una volontà politica verticistica, si pongono fatalmente in contrasto con l’idea federale, all'interno della quale l'esercizio del potere è distribuito e la partecipazione è sempre più attiva. 
Il fatto è che, per quanto riguarda il nostro Paese, le scelte del nostro premier, si rivelano fondate su una concezione di Europa come confederata e non federale; ovvero concepita come sovrastruttura che non possa in alcun modo interferire con la realtà nazionale, se non per meri interessi economici, trascurando quelli giuridici, culturali e sociali. Ed ecco quindi che la scelta del premier eletto dal popolo si innesta nella generale idea confederata, in cui ciascuno Stato è libero di gestire la propria identità ed autonomia per preservare le singole nazionalità, ed i singoli interessi economici, dalle ingerenze dello Stato “Confederato”, per poi anche all’interno remare contro ogni aggregazione federale, che è distribuzione e sistema di bilanciamento dei poteri, per anelare, con il pretesto di governi più stabili e forti, a forme di politica verticistica che, per paradosso, è negazione del pensiero critico e libertario. 
In alcun momento il nostro premier ha inteso condurre una campagna elettorale (ma neppure la sinistra) nel desiderio di spingere l’Europa a costruirsi come entità unitaria e federata. E questo non potrà che caratterizzare in senso negativo il prossimo appuntamento elettorale che, invece di essere diretto verso la costruzione di uno Stato federale nella difesa dei principi democratici e di libertà, si rivelerà il solito strumento di propaganda per affermare identità locali o bisogni di breve respiro.
I valori europei, al di là di ogni credo politico, sono la libertà e la solidarietà ed in questo senso occorre che l'Europa sia costruita come espressione di volontà, e per fare questo serve in primis un passaggio culturale. Non si può calare nulla dall'alto. La libertà non cala dall'alto del cielo, ma nasce dalle viscere dei popoli, come diceva Cattaneo.
Ecco allora che le prossime elezioni europee dovranno essere segnate da questo passaggio culturale ormai non più procrastinabile. Ovvero la costruzione degli Stati Uniti d’Europa come obbiettivo di unità nella diversità e come principio di libertà. In altro modo non faremo altro che alimentare quei sistemi e quelle culture autonomiste e nazionaliste che spingono verso forme di protezionismo verticistico che è negazione di libertà. Ma soprattutto non faremo altro che agevolare il predominio di quelle autarchie e quei sistemi illiberali che, oggi, più che mai intendono prevalere su una cultura democratica che, oggi, appare in una crisi profonda che si manifesta nella paura e nel tentativo dei singoli di chiudersi all’interno dei confini nazionali quando, al contrario, è necessario allargare i confini per stringersi in un patto federato in cui l’unità nella diversità sarà la forza vitale per affrontare le sfide politiche ed economiche degli isolazionismi e dei protezionismi autarchici. Per poi far prevalere lo Stato di Diritto come principio di democrazia. 

  
 


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