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CI HA LASCIATO PREDRAG MATVEJEVIC di Claudio Gherardini

Ci ha lasciati Predrag Matvejevic e lascia un grande vuoto.

Nato a Mostar dove visse la seconda guerra mondiale nella fame e nel sangue, è divenuto un faro della civiltà che non prevede muri di alcun genere. Candidato a un Nobel che non gli venne mai assegnato, scrisse "Breviario Mediterraneo" pietra miliare della letteratura europea e balcanica.

Sua l'idea di definire alcuni regimi politici, oggi sempre più numerosi, "Democrature" e non credo che ci sia bisogno di spiegare cosa intendesse.

Sempre mal visto dai tutti i politici dell'Europa orientale, era per natura privo di confini in ogni senso. I politici in genere gradiscono confini, muri, reticolati, e nei Balcani, poi, sono specialisti. 

Figlio di padre russo e madre croato jugoslava, cittadino di Mostar, che non lo amava, è morto a Zagabria, nella capitale della Croazia che lo aveva condannato per aver definito i suoi colleghi croati dei talebani guerrafondai. Condannato a cinque mesi nel 2005, non si appellò, considerando la condanna come una medaglia.

Quando si vedono messaggi di cordoglio in tante lingue di tutto il Mondo, e non si tratta di un tycoon o di un presidente, è il segno che è scomparso un illuminato che ha dedicato la sua vita a cause unificanti, abbattimento di confini, conoscenza e contaminazione culturale senza limiti. 

Mi vengono in mente Ernesto Balducci, Alex Langer e Antonio Russo, ma anche Giulio Regeni, giovane che avrebbe dato molto a tanti.

Ricordo Matvejevic nella sua trattoria preferita nel quartiere turco di Sarajevo mentre parlava di politica, qualche anno fa, ma ebbi modo di incontrarlo a Mostar nel luglio del 2004 quando la parte musulmana festeggiava la riapertura del ricostruito Ponte Vecchio, imbandierata di vessilli turchi e nella totale indifferenza della parte cattolico croata che sul ponte non è mai più passata, ma che dominava la scena grazie alla enorme, spropositata, croce bianca che svetta sulla montagna che domina la città più invivibile della Bosnia.

In quel giorno di festa, le autorità bosniache certo non avevano invitato Matvejevic, che probabilmente avrebbe anche rifiutato, ma lui era in città per un convegno organizzato da italiani sull'acqua per tutti. 

Con il suo spirito parlava di cose serie in modo chiaro e piacevole, lui, mostarino in esilio, era in un piccolo auditorium a parlare della sostanza vitale principale, l'acqua, di mari e fiumi e dei ponti, quelli veri, che uniscono. Mentre fuori infuriavano i nazionalismi sanguinari ma al tempo stesso da operetta di una patria che per lui era più che ingrata. Chissà se qualche giornale bosniaco darà la notizia della sua scomparsa.

Perdiamo un altro Uomo non rieducabile e insostituibile.... purtroppo.


Claudio Gherardini

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